Ellis Island
Sollievo
sei vissuta abbastanza
non sei morta di stenti
il tuo nome
che è anche il mio
ti ha portato fortuna
ti vedo lì sulla nave
affacciata sul mare
a respirare rapita
mentre dormivano
uomini e donne divisi
i ricci scomposti
e le mani
a tastare la notte
forse avevi un bambino
o eri incinta del primo
ti immagino chiara di pelle
vent’anni
i capelli increspati di miele
secche le labbra
di sale
e gli occhi di verde screziato
appena arrossati dal vento
la gonna la tieni
per non inciampare
è la stessa che lavi di sera
e stendi sulle ruvide corde
dello scorrimano
che porta giù in terza classe
odore di vomito e orina
e frutta matura e cipolle
il cibo dei poveri
che non serve a saziare
vapore di corpi e di aria rafferma
la statua l’hai vista per prima
all’alba di un giorno di aprile
non hai gridato
le braccia sul petto
in silenzio
hai ringraziato la
Vergine madre
hai raccolto i capelli
unendoti all’urlo dei tanti
America
terra
il futuro ci aspetta
è finita miseria
non sapevi
sorella
quanti bocconi
avresti ingoiato
fino a dimenticare il dialetto
imbastito di nuove parole
con filo salato di nostalgia
sei tornata negli anni sessanta
alla tua isola asciutta
di sabbia che abbaglia
a benedire le tombe dei vecchi
avevi un vestito elegante
i capelli intrecciati
di grigio
e una rosa di seta sul petto
dall’aereo atterrando al ritorno
hai visto la statua
così piccola adesso e più opaca
le mancava la luce
del tuo sguardo giovane
di arresa fiducia.
stupenda cara Elvira ti abbraccio
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