domenica 19 maggio 2024

AL PORTO (da I GIORNI SALVATI)


 2011

Quel giorno che siamo andate a mangiare al porto in quella piccola friggitoria, ti avevo accompagnata all'ospedale a fare il controllo dopo l'operazione di cataratta. Eri incredibilmente allegra, sembravi ringiovanita di vent'anni. E' uno di quei ricordi nitidi, a colori, incastonati nella memoria come una pietra preziosa. Ti ho proposto di fare due passi: era una bella giornata e potevamo festeggiare il buon esito del controllo. Normalmente avresti rifiutato. Da molto tempo uscivi solo per andare a fare la spesa. Poco a poco i tuoi tragitti si erano accorciati e te ne stavi sempre in casa, scandendo le tue giornata con la stessa medesima routine: colazione, pulizie, spesa, pranzo, riposino, lettura del giornale, cena e, prima del telegiornale, le abluzioni serali. Poi un film o un dibattito politico (adoravi Michele Santoro!) la tua mezza pastiglia di sonnifero presa con una camomilla e a letto tardi, a volte dopo la mezzanotte. Prima di chiudere gli occhi leggevi qualche pagina di uno dei tuoi amati libri. Adoravi la Yourcenar e Doris Lessing, ma spesso ti addormentavi con gli occhiali sul naso e spegnevi l'abat jour a notte inoltrata. Così, tutti i giorni. Amiche nessuna. Per venirti a trovare dovevo fare attenzione all'orario: mai in zona preparativi cena o durante il telegiornale. La mattina lavoravo e la domenica facevi le pulizie profonde, prima di guardarti la messa alla televisione. Negli anni ti eri riavvicinata alla Chiesa, a modo tuo, ritrovando lo spirito religioso un po' romantico che avevi da ragazza: dare da mangiare agli affamati, assistere i moribondi, vestire gli ignudi... Tutto senza quasi uscire di casa. Ma se io mi presentavo per l'ora di pranzo o di cena, mi facevi vedere i pentolini sempre più piccoli, sembravano quelli delle bambole, in cui ti cucinavi e mi dicevi “Mi dispiace, non ti posso offrire niente, se lo avessi saputo...” 
 
Ma quel giorno al porto ribaltasti tutti i tuoi schemi e la tua tabella di marcia. Ti prestai i miei occhiali da sole per schermarti dalla luce che ti infastidiva l'occhio operato. Erano tondi e avevano la montatura verde, di celluloide. Ti donavano molto. Ordinammo una frittura di pesce e delle melanzane grigliate e da bere una bottiglietta di vino bianco, ghiacciato. Ricordo che abbiamo chiacchierato molto, come al solito io soprattutto ascoltavo, ma quel giorno i tuoi discorsi erano allegri, quasi fiduciosi. Sembravi un'altra persona. Il caffè lo abbiamo preso nel baretto vicino all'attracco delle navi per Ponza e poi abbiamo camminato fino alla punta del porto. Ogni tanto ti accendevi una sigaretta e ti fermavi a guardare il panorama, incantata, come se lo stessi vedendo per la prima volta. Ho pensato, nel vederti così, che forse le gocce che ti avevano inoculato, contenessero chissà quale sostanza euforizzante: non eri tu quella madre anziana che camminava dritta accanto a me, sorridente, sicura di sé, elegante nel suo giacchino blu trapuntato e gli occhiali verdi. Che fine aveva fatto quella vecchia arrabbiata e brontolona che camminava curva per farsi compatire, lamentandosi per il dolore alle ossa e altri infiniti acciacchi? Eri tu mamma quel giorno? O un'altra te venuta dal multiverso, per farmi riprovare la gioia delle nostre passeggiate quando avevi quarant'anni? Un piccolo miracolo per darmi l'illusione che non stavi affacciandoti agli anni più difficili e cupi, c'era ancora del tempo per noi, per camminare insieme e goderci le cose belle della vita: lo interpreto così quel giorno e per me è un regalo e una grossa consolazione.Domenica sono andata a Roma con Olivia. Noi due a camminare sotto il sole al Circo Massimo in una giornata fredda di gennaio. Ecco, ho pensato che avrei voluto che Olivia ricordasse per sempre quella giornata, nei minimi particolari. Madre e figlia, sorelle, amiche, a goderci una giornata tutta per noi camminando a braccetto, i nostri passi accordati, quasi in una danza di Pina Bausch. Come quel giorno al porto con te mamma. Una giornata di perfetta allegria.