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lunedì 3 luglio 2017

WALTER, SCRITTORE PER STRADA






Quello che a prima vista colpisce di Walter Lazzarin, scrittore per strada,  quando si ha modo di conoscerlo, è la dolcezza, che sfuma via via in altri aspetti delicati, quali la riservatezza, la timidezza, la gentilezza.  Non dobbiamo però pensare che Walter sia solo così, un ragazzo mite e gentile, ma piuttosto renderci conto che la sua scelta di lasciare l’insegnamento e iniziare a scrivere per strada, è stata sostenuta da un grande coraggio, un grande senso di libertà e una grande curiosità per il viaggio, la scoperta, l’avventura. E soprattutto per le persone. Lui “spaccia”, come ama dire, i suoi libri piccolini e allegri, e tautogrammi che fanno sorridere e allargano il cuore per quanto sono arguti e divertenti. E nel farlo chiacchiera con la gente, accoccolato davanti alla sua Olivetti lettera 32  sulla quale giorno dopo giorno, piazza dopo piazza di paesi e città, batte i suoi testi, a volte improvvisandoli per qualcuno che glieli chiede, altre volte studiando e perfezionando la trama del suo prossimo romanzo. Walter è non solo uno scrittore per strada, ma anche un viaggiatore, un esploratore, un cantastorie, un poeta. E di questo suo andare in giro per l’Italia ha fatto una professione, che molto lo diverte e lo rende ancora più riservato e gentile, perché non si è affatto montato la testa, nonostante le moltissime copie vendute dei suoi libri e un appuntamento fisso in un’importante trasmissione  sportiva alla televisione. Walter continua a viaggiare e a conoscere persone, di tutte le età, e a tutti dispensa tautogrammi e sorrisi, dediche buffe e filastrocche, e spunti filosofici che lo fanno sembrare un ragazzo venuto chissà da dove, in quest’epoca di fretta e dimenticanza, in cui ci si affanna e si corre e  si legge molto poco, perché diciamo di non avere tempo. Walter, alla gente che si affretta per strada, per andare chissà dove, fa venire voglia di fermarsi. E se tu guardi le persone, mentre lui recita a memoria uno dei suoi tautogrammi, ti accorgi che la loro espressione poco a poco cambia, diventa più rilassata e serena, e alla fine tutti se ne vanno con un bel sorriso stampato sulla faccia. Conoscere Walter fa bene alla salute, è una pausa di ristoro, uno spazio di quiete divertita, un’iniezione di arguzia e intelligenza, un'occasione di amicizia. Per me conoscere Walter è stato così.


Sabato 19 Agosto, alle 21,00, Walter sarà ancora una volta con noi, dopo il Festival delle Emozioni, nella splendida cornice del Parco della Rimembranza, in un incontro a cura del WWF Litorale Pontino. L' "Incontro semiserio..." sarà presentato da Fabio Cervelloni.

 

martedì 7 giugno 2016

LA GALLINA MIMI'






Alla fine del ’44 i miei nonni e mia madre, da Giaveno, il paese in cui erano sfollati, ritornarono a Torino. La città era devastata, molte case erano crollate a causa dei bombardamenti, ma miracolosamente la loro era rimasta in piedi. Finalmente erano fra i loro oggetti, i loro mobili, i loro ricordi. Qualche problema con luce e acqua, che spesso mancavano, ma niente di più. E anche se faceva un freddo cane e non c’era legna da mettere nella stufa, si sentivano in una reggia. Dalla campagna avevano portato un sacco di patate,  un sacchetto di farina di castagne e uno di farina.  E una gallina.
La misero a razzolare nel cortile e nonostante lo scarso mangime, ridotto ormai a briciole di pane secco, ogni giorno Mimì, cosi si chiamava la gallina, faceva un uovo piccolo e bianco, come di porcellana. Due volte alla settimana, con quelle uova, mia nonna faceva una frittata, utilizzando qualche avanzo o semplicemente una cipolla e una fogliolina di prezzemolo. Un po’ di proteine, visto che la carne scarseggiava e se si comprava al mercato nero bisognava pagarla un prezzo esorbitante. Ma una mattina successe “l’incidente”. Mia nonna trovò Mimì rantolante a pancia all’aria. Non riusciva a respirare e aveva qualcosa che le premeva nel collo. Mia nonna si guardò intorno: a terra c’era una molletta di legno per stendere il bucato, senza la parte metallica. Mimì l’aveva ingoiata. Senza perdersi d’animo, con mia madre di 14 anni che le faceva da assistente, una bacinella d’acqua bollente, un paio di forbici e del filo di seta per rammendare le calze, mia nonna si trasformò in chirurgo: con mano ferma tagliò, estrasse l’aggeggio metallico, disinfettò e ricucì Mimì. All’inizio la povera gallina sembrava più morta che viva, ma il giorno dopo, anche se traballante, riprese a razzolare in cortile e dopo una settimana fece un minuscolo uovo e anche il giorno dopo e quello dopo ancora. Per sei mesi. Fino a che una mattina non morì, di morte naturale. Tristezza e festa nello stesso giorno: brodo di gallina per una settimana, poi risotto, ali lesse, petto in padella con le patatine, cosce, un po’ secche in verità, in umido con i pomodori pelati. E mia madre ha continuato per tutta la vita, ogni volta che mangiava un pollo o una gallina, a dire: grazie Mimì.
Questa storia, insieme a molte altre, è entrata a far parte del Romanzo “In Territorio Nemico” edito da Minimum Fax e scritto secondo il metodo S.I.C (Scrittura Industriale Collettiva).