domenica 22 ottobre 2017

EL POETA (A Dionisio Hernandez Ramos)









Succede, dopo trentacinque anni, di risentire quella poesia, che nel frattempo è diventata famosa, come il suo autore. 1981: un lungo viaggio durato un anno  e mezzo fra America Centrale e Perù. Un viaggio che non potrò mai dimenticare perché quando sono tornata non ero più la stessa. I primi due mesi li abbiamo trascorsi in Messico. E venti giorni a Oaxaca, una bella città coloniale a 1500 metri di altezza, con un clima mite, ventilato e asciutto. Stavo imparando la lingua e tutti  i giorni leggevo nella piazza principale, seduta a un tavolino del bar, un quotidiano che si chiamava “uno mas uno”. A pranzo andavamo, io e il mio compagno,  a mangiare un ottimo filetto alla tampiquena con guacamole, una gustosa salsa di avocado. La vita scorreva serena. Il nostro albergo si chiamava Hotel Principal. Era di stile coloniale, con le stanze che davano su un grande patio. I vicini di stanza erano un padre e una figlia italiani. Lui faceva il pittore e si era trasferito a vivere in Messico. la figlia aveva 18 anni ed era andata ad assisterlo perchè era stato morso da un cane e la ferita non si rimarginava. Lei si chiamava Olivia, era piccola e scura di carnagione e il primo giorno, visto che parlava un castigliano fluente, l’avevo scambiata per una messicana. Nell’altra stanza c’era lui, “el poeta”, un piccolo indio zapoteco, dalla faccia incredibilmente rugosa, che subito fece amicizia con il mio compagno. La sera se ne stavano nel patio a bere una birra dietro l’altra, mentre io chiacchieravo con Olivia, che stava imparando a tessere della lana bianca con un rudimentale telaio che teneva con i piedi, sperando di fare dei tappeti che poi avrebbe venduto ai gringos. Il cielo al tramonto diventava di un rosso porpora che poi sfumava nel viola. Erano momenti magici che meritavano il silenzio. Infatti per qualche minuto nel patio tutti tacevano, per non disturbare quello spettacolo di assoluta perfezione, per poi riprendere a parlare quando il cielo diventava blu cobalto.


Una sera arrivò una turista francese che abitava a N.York e aveva un negozio d’arte. Il giorno dopo andammo tutti in un villaggio dalle strade di terra battuta a trovare Teodora, un’anziana india che ancora faceva delle ceramiche di terracotta nera secondo un’antica tradizione azteca. Arlette, così si chiamava la francese, ne ordinò un grosso quantitativo, a un costo irrisorio, per poi rivendere i vari pezzi  nel suo elegante negozio a Manhattan a un prezzo centuplicato. Al ritorno Dionisio, el poeta, ci invitò  a bere qualcosa in un locale che avevano aperto da poco e si chiamava “El sol y la luna”. Era una serata tiepida. Nel giardino interno, profumato di fiori tropicali, avevano sistemato dei tavoli e delle panche per noi che volevamo stare per conto nostro all’aperto. Dionisio quella sera bevve parecchio e a un certo punto, come un saltimbanco si mise in piedi su un tavolo e incominciò a declamare le sue poesie. Mi ricordava il vecchio Ungaretti quando leggeva i brani dell’Odissea, per la mimica e le innumerevoli rughe. Eppure Dionisio non era vecchio, avrà avuto una quarantina d’anni, ma il suo volto, scolpito e intenso, sembrava il tronco di una vecchia quercia. Io ancora non capivo tutte le parole, ricordo solo che in quelle poesie, intense e sofferte, l’anima di Dionisio emergeva luminosa e chiara e lui si trasfigurava, fin quasi a diventare bello. Fra tutte le sue poesie, una mi aveva particolarmente colpita. Parlava della sua bambina, nata da una relazione con una turista americana, che ora viveva con la madre a Miami e lui poteva vedere solo una volta l’anno. Ricordavo più o meno il senso. Diceva che tutti i giorni della settimana erano vuoti e senza senso e solo uno risplendeva, perchè in quel giorno era nata lei. Ecco, in tutti questi anni ho pensato spesso a quei giorni, a Olivia ( a mia figlia ho dato il suo nome) e a "el poeta". Le parole di quella poesia in qualche modo avevano lasciato in me una traccia luminosa. Finché oggi l’ho trovata su internet, anzi ho trovato proprio lui “el poeta” che nel frattempo è diventato famoso, mentre declama proprio quella poesia. Lui è vecchio vecchio e la sua voce trema. La sua poesia, quella poesia è intitolata “ Viernes”. E lui, el poeta è Dionisio Hernandez Ramos. Ascoltandolo non ho potuto fare a meno di commuovermi  e di pensare che certi incontri sono veramente meravigliosi, se non li lasciamo andare. Dionisio  se n'è andato il 3 agosto di quest'anno. Anche questo l'ho scoperto oggi. Ecco  "Viernes"                         
 
Me gustan los viernes

porque la vida de la semana

agoniza en esas horas

y expira con frenesí

de poseso alcohólico

Y también

porque naciste tú

en viernes

sin sol

con cielo gris

triste

No me gustan los sábados

domingos    lunes    martes

miércoles o jueves 

porque nada pasa
 ni naciste tú


 

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