giovedì 18 febbraio 2016

GLI ABBRACCI NON SONO MAI TROPPI




Gli abbracci non sono mai troppi. E’ vero. Lo dicono anche gli scienziati. Secondo la psicoterapeuta americana Virginia Satir ce ne vorrebbero almeno 4 al giorno per star bene e 12 nei momenti di difficoltà e di dolore. E non sono numeri a caso. Quando ci abbracciamo il nostro organismo produce endorfine, sostanze che ci danno una sensazione di benessere, e ossitocina, l’ormone dell’accudimento e della cura, l’ormone della tenerezza. L’abbraccio è il primo contatto che abbiamo con nostra madre quando veniamo al mondo e, per tutta la vita, la memoria di quella sensazione di assoluta sicurezza e appagamento ci spinge a  desiderare di ricevere e dare abbracci. C’è chi è più portato verso questo semplice gesto e chi invece si sente bloccato e, se lo fa, il suo è un abbraccio rigido e frettoloso, oppure di circostanza. Eppure il vero abbraccio, quello salutare e consapevole, quello che fa star bene chi lo fa e chi lo riceve, è un abbraccio che richiede attenzione, presenza, calore e non è una pura formalità, tipo quello che si scambiano a volte i politici in occasione di visite ufficiali. Come pure quei baci distanti dati sulle guance, come belle statuine, per poi pulirsi con un gesto furtivo. Il vero abbraccio è quello che avvolge, che accoglie l’altro, che indugia e che ci fa riprovare quella sensazione che rassomiglia alla felicità, di quando eravamo bambini. Un ragazzo australiano qualche tempo fa ha ideato la campagna “Free Hugs”, abbracci liberi: in mezzo alla strada, con un cartello al collo, offriva abbracci alle persone che desideravano essere abbracciate. E molte persone si sono prestate a questi abbracci spontanei, liberi, dati per dimostrare vicinanza, fratellanza, conforto. E questa campagna in un batter d’occhio si è diffusa in tutto il mondo.
Lucy
E poi c’è Amma, la ricercatrice spirituale indiana, che da anni gira per il mondo ad abbracciare la gente. Finora ha abbracciato 26 milioni di persone, per dimostrare e condividere l’amore per tutte le creature, con questo gesto materno, di pura accoglienza e accettazione. Nella tradizione di Thich Nhat Hanh, monaco Zen vietnamita, alle altre pratiche di presenza mentale, si affianca quella dell’abbraccio consapevole che di solito ci si scambia all’interno dei ritiri di meditazione. E’ un abbraccio che ha la durata di almeno tre respiri, durante i quali si assaporano appieno la vicinanza reciproca e il calore della presenza mentale: sono qui per te, sono felice che tu ci sia, vivo, in questo momento che è così prezioso e di cui possiamo godere. E una pratica del genere è assolutamente rivoluzionaria, in quanto fa di un gesto così semplice un gesto sacro, come dovrebbero essere tutti i gesti della nostra vita, se fatti in consapevolezza. E che dire degli abbracci che offriamo ai nostri animali? Hanno la stessa valenza, lo stesso significato. E le sensazioni di tenerezza che proviamo quando loro ci si accucciano in grembo o addirittura, come spesso accade con cani e gatti, ci abbracciano, fanno bene alla nostra salute, alla nostra anima e ci scaldano il cuore. E quindi abbracciamoci sempre di più, regaliamoci questa semplice esperienza, riconosciamoci reciprocamente nel nostro bisogno di dare e ricevere affetto e di mostrarci all’altro così come siamo, fragili, aperti, indifesi. Semplicemente umani.

Gli abbracci
non sono mai troppi
quelli respirati piano
a occhi chiusi
 negli aeroporti
lato arrivi
                                                              

le valigie
a incespicare
sulle ruote stanche
con le etichette sfatte
il fiato secco
per il viaggio

“cosa c’è da mangiare?”
si ritorna all’ovvio
dei gesti amati
cucinare
apparecchiare
con la tovaglia buona
ricamata
asciugamani di lino bianchi
in bagno

bentornata.

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