I sogni ci indicano la strada.
E
ci dicono a che punto siamo del nostro cammino. Per anni ho fatto un sogno,
sempre lo stesso, anche se cambiavano i particolari. Sognavo di entrare nella
mia casa di Firenze, quella dove abitavo quando ero studentessa all’Università.
Più o meno nel sogno succedeva così: trovavo la porta socchiusa e entravo. La
casa era in penombra, con gli stessi mobili e oggetti di quando io l’abitavo. I
nuovi proprietari erano fuori e io avevo l’ansia che rientrassero da un momento
a l’altro e mi scoprissero. Camminavo lentamente per le stanze, prendevo in
mano i libri, i piccoli soprammobili, a volte erano impolverati e c’erano delle
ragnatele, altre volte si confondevano con gli oggetti dei nuovi inquilini. Provavo
una sorta di struggimento e di nostalgia, mista a tristezza: non era più casa
mia, io ero lì clandestinamente e avevo poco tempo per restare. Di solito me ne
uscivo dalla porta con un respiro di sollievo, misto a malinconia, per
dovermene andare. Ma stanotte è andata diversamente. Ero in viaggio e volevo
visitare la casa. Come al solito la porta era socchiusa. Mi sono affacciata. C’era
una penombra che questa volta non mi invitava ad andare oltre. Ho sentito che
tutto sommato quelle stanze non mi interessavano più. Ho chiuso la porta dietro di me e mi
sono incamminata nel pianerottolo, verso l’uscita. C’era una grande luce e del
brusio che veniva dalla strada. Vita. Non ho sentito il bisogno di voltarmi e
ho detto a voce alta questa frase: “Ho tanti motivi per uscire da qui e andarmi
a divertire.”
Credo che non rifarò più questo
sogno. Quella casa, come tutte le altre, tante, in cui ho vissuto, è nel mio
cuore, ma non ho bisogno di ritornarci, come si fa con le tombe dei morti. Oltre
quel portone del sogno ci sono rumori, colori, profumi, vita in movimento,
persone. E io adesso mi vorrei proprio divertire.
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