mercoledì 3 giugno 2015

ISCHIA



Al mattino salutavano il sole. Erano movimenti allegri e gentili, che davano energia e nutrimento a quell’inizio di giornata, che si prospettava luminosa e calda. In quel bell’albergo dalla piscina protesa sulla scogliera.

Dall’alto il mare luccicava e il vento era una carezza appena accennata sulla pelle, quasi un bisbiglio.

L’Isola, lassù sulla cima, era silenziosa e verde. Grandi prati, qualche vigna, alberi di fico, gelsomini e bouganvilles di un rosso carminio, gerani enormi dei più svariati colori, e semplici fiori di campo, soprattutto gialli, sul ciglio della strada. Un incanto. E verso il tramonto si accendevano i profumi di macchia e si poteva distinguere a tratti, più intenso degli altri, il profumo d’origano e, come sottofondo, lieve, quello di timo. L’aria si faceva più fresca e bisognava coprirsi le spalle. Ma  era asciutta e frizzante, e il cielo, con la luna che stava crescendo, era limpido, di un blu cobalto, con qualche striatura di viola.


Gli abitanti dell’Isola erano gentili e sorridenti. Ti davano indicazioni particolareggiate, se ce n’era bisogno ti accompagnavano per un tratto di strada, ti chiedevano curiosi se il posto ti piaceva e al tuo sì sembravano felici. Persone semplici, vissute nella bellezza, che le aveva plasmate e rese ospitali e benevole. E si sa, la bellezza è contagiosa. Anche le case, nella loro semplicità, di bianco e di blu, ispiravano armonia: piccoli giardini fioriti o corti ombrose, tende chiare di cotone, senza sfarzo, tavolini e sedie di bambù  o ferro battuto. E piccole pensioni di tipo familiare, con una vista mozzafiato. Sembrava di essere in un luogo senza tempo, dove gli anni si erano fermati, senza la volgarità e lo schiamazzo di certe insegne, di certe costruzioni. Semplicità e calore. E quel dialetto, così caro, così ricco di sfumature, che ti faceva sentire protetta, al sicuro. A casa.

“Chissà come sarà qui l’inverno...” quel pensiero era balenato a più di qualcuno.

Sicuramente mite. Con qualche giornata di umido e di freddo. Con il mare in tempesta e nuvole minacciose. Ma poi il sole e sprazzi di blu e un’aria fredda e asciutta che taglia la faccia, forse il Maestrale. Sicuramente un inverno corto. Con feste di paese, processioni, veglie di Natale e i dolci fatti in casa. E matrimoni, battesimi e comunioni e qualche funerale. Come in tutti i paesi. Ma nell’Isola, con quel mare a fare da confine, tutto era probabilmente più dolce e più intenso. Una grande famiglia, che si stringeva e che condivideva tutto, gioie e dolori, benedetta dalla bellezza e dalla grazia.

Partire era stato come lasciare un amante affettuoso. Ma si sarebbero rivisti presto, non era un addio. E l’attesa sarebbe stata ampiamente ricompensata.

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