Negli
ultimi anni mi è venuta la
fobia degli aerei. Nei giorni che precedono il volo mi faccio prendere dall' ansia e in
qualche modo mi perdo il piacere, che sempre precede i viaggi,
di assaporare l’attesa immaginando le sorprese che mi aspettano. Ma
incombe su tutto la Paura,
la Grande Paura.
Che si manifesta, come tutte le paure perbene, con una serie di sintomi:
insonnia, tachicardia, tremiti, respiro corto. In fila, prima di salire
sull’aereo, mi sembra di essere una che sta per andare al patibolo. Ansia
anticipatoria. Che
in pratica è semplicemente una
tensione fra l’Adesso e il Poi. Nel momento in cui salgo, l’ansia si
trasforma
in Terrore, in tutte le sue sfaccettature. Ma siccome io sono
un’esploratrice e
una viaggiatrice, non posso certo farmi limitare da tutto questo e
allora voglio esplorarla quest’ansia, la voglio visitare. E quando lo
faccio scopro delle cose
molto ma molto interessanti. Intanto, guardandomi intorno, mi accorgo che non sono la sola ad avere
paura. E questo
un po’ mi consola. Volare NON E’ NATURALE. Non siamo uccelli. Abbiamo
bisogno
di stare con i piedi ben piantati per terra, come le radici degli
alberi. E
anche navigare, a pensarci bene, in quest’ottica... Ma questo è un altro
discorso. Avete presente le facce dei passeggeri di un aereo al momento
del
decollo? Chi fa finta di niente e legge il giornale. Ma deglutisce molto
rumorosamente. Chi si abbandona sullo schienale, occhi chiusi e mani
strette
spasmodicamente ai braccioli. Chi si fa il segno della croce. Chi tiene
la mano
del proprio compagno o peggio ancora del proprio bambino, facendo finta
di
rassicurarlo. Insomma un campionario piuttosto variegato. Poi si parte.
Nessuno
parla. Nessuno si muove. Finalmente, una volta acquistata quota, si
sente di nuovo
circolare il sangue nelle vene e la vita riprende. Almeno per gli altri
passeggeri.
Qualcuno si mette a chiacchierare o a guardare un film,
qualcun altro si
alza o inizia a mangiare. Io non faccio niente di tutto questo. Per
calmarmi
inizio a bere. Un sorso d’acqua ogni 5 minuti. Questo mi scandisce il
tempo e
mi tiene idratata. Ho letto che in aereo la pelle si può disseccare se
non si beve
abbastanza. E non voglio arrivare a destinazione come una mela avvizzita. E
poi inizio ad aspettare.
Che cosa? LE TURBOLENZE. Che non è detto che ci siano, ma almeno un paio
di
volte, in un volo breve, accade che si manifestino. Quindi occhi fissi
sui
segnali luminosi e orecchie ben aperte per sentire l’eventuale annuncio:
SIGNORE
E SIGNORI SIETE PREGATI DI SEDERVI E DI ALLACCIARE LE CINTURE PERCHE’
STIAMO
PER ATTRAVERSARE UNA ZONA DI TURBOLENZA. Quello dell’annuncio è il
momento più
terribile. Lì chiudo gli occhi e qualche volta prego. Ma subito avviene
il
miracolo. E questa è la scoperta principale: quando iniziano le turbolenze
io non
ho paura. Sono attenta, vigile, concentrata su quello che succede: i
rumori, le espressioni delle hostess, quasi sempre impassibili, la vista
dall'oblò, gli
scossoni dell’aereo, che a pensarci bene, spesso sono inferiori di molto
a
quelli della corriera che mi porta a prendere il treno a Monte San
Biagio. Ma
non ho paura. Poi la turbolenza finisce e io mi ritrovo a sperimentare uno
stato di profonda
quiete, quasi orgogliosa di aver sopportato eroicamente e con i nervi
saldi
quello che tanto temevo. Può ripresentarsi una leggera ansia in attesa
della
turbolenza successiva, se mai ci sarà, ma SO che ce la potrò fare, anche
questa
volta. Paradossalmente mi godo il resto del viaggio e quando annunciano
la fase
di atterraggio, nella quale di solito sono frequenti turbolenze
piuttosto
consistenti, non ho nessuna paura. Mi godo dal finestrino le luci della
città,
il paesaggio, le piste illuminate, mi godo il leggero tuffo allo
stomaco, che
stavolta è indice di emozione e non di ansia. Sto arrivando a
destinazione,
sono felice. Tutto questo per dire cosa? Che spesso la nostra è solo
paura
della paura e che quando accadono alcuni eventi che temiamo fortemente, se siamo
pienamente presenti possiamo viverli e
superarli in maniera efficace. E renderci conto che non erano poi così
paurosi, non erano poi così terribili come ce li eravamo immaginati.
E così ogni volta che
scendo
dall’aereo, dopo l'applauso al comandante, che per un attimo mi piace
immaginare sia rivolto a me, esprimo questo desiderio: "La prossima volta
voglio godermi TUTTO il
viaggio!"