Perché questo blog? Non ce ne
sono già a sufficienza? Di cucina, di arredamento, di poesia, di cinema, di
tutto un po’. E io in cosa sono esperta? Diciamo che sono esperta in
“Grafomania”. Mi piace scrivere, e di tutto. Fin da quando ero bambina. Ho
iniziato con le poesie, molto presto, poi con le filastrocche e a 14 anni con
il mio primo diario (quante pene d’amore... e lui come ballava bene!) E poi le
lettere. Diciamo che le lettere sono la mia forma di scrittura preferita. Ne ho
scritte a centinaia. Soprattutto a mia madre. E lei, generosamente, le ha
conservate tutte, come io le sue (come si possono buttare delle lettere?!!?) e
adesso stanno tutte in una capiente scatola a fiorellini azzurri. A 18 anni ho iniziato a viaggiare in autostop.
Mia madre, poverina, cercava di dissimulare l’ansia, ma finché non riceveva la
mia prima telefonata e successivamente la prima lettera, non dormiva sonni
tranquilli. E io, per farmi perdonare le scrivevo lettere lunghissime, ricche
di particolari, colori, sapori, profumi, e raccontandole (quasi) tutto. Questo
avveniva nei mitici anni ’70: libertà, allegria, sana incoscienza...e
soprattutto tanto divertimento! Insomma lettere su lettere. Poi c’è stato
l’anno di Parigi e, fra una lettera e l’altra, la mia mamma ha preso il famoso treno Palatino da Firenze e me la sono vista
arrivare nella mia casa di Pigalle, con un paio di scarpe comode perché sapeva,
eccome se lo sapeva, che l’avrei trascinata in giro per musei e giardini, magazzini
e bistrot, centri culturali e ristoranti etnici, fino a far venire le vesciche
ai piedi. Ecco, proprio a Parigi ho scritto la mia prima favola, che si
chiamava “ La bambina con la valigia”, parecchio, ma proprio parecchio
autobiografica, e poi molte altre ancora. E lì ho iniziato a scrivere il mio
diario parigino, con tutte le avventure e disavventure che mi capitavano di
giorno in giorno. E le mie emozioni d’amore.
Poi c’è stato il Grande Viaggio, quello in America Latina, e la distanza
bruciava un po’, anche se tutte e due, mia madre ed io, nelle nostre lettere,
addolcivamo molto la pillola, per tranquillizzarci l’una con l’altra e non
farci preoccupare. 15 giorni a volte senza notizie e il costo delle telefonate
era proibitivo, ce ne saremo fatte in quasi due anni solo tre o quattro. Mi viene da ridere a pensare come
siamo messi oggi, con quest’ ansia che ci divora e questa smania di controllare
dove sono i nostri figli, i nostri fidanzati, i nostri amici, tramite cellulare
o tramite facebook. E in tutto questo ci perdiamo il gusto dell’attesa,
l’inquietudine sana e bella di non sapere, e la gioia di aprire una lettera di
carta velina di quattro o 5 fogli, con la scritta “via area” e, per prolungare quel momento, di cercare
una bella panchina o un bar all’aperto dove poter leggere due, tre, quattro
volte quelle parole, così care, così attese! Vabbè, non voglio sembrare
un’anziana nostalgica, ma quella cosa lì, quella emozione mi manca, eccome se
mi manca! Dopo il viaggio ho ripreso a scrivere poesie, ma saltuariamente, e
racconti, per dare forma a certe emozioni, belle e meno belle, che premevano
per essere ascoltate ed espresse. Era diventato una specie di gioco: quando un
ricordo iniziava a pungermi, a strattonarmi, a diventare fastidioso, io mi mettevo
lì e gli davo la forma di un racconto. E lui, il ricordo, si placava, diventava
neutro e inoffensivo e io potevo passare ad altro. Potere terapeutico della
scrittura autobiografica!
Dal 2002, anno in cui ho pubblicato il mio primo racconto (una lettera!) ho deciso che la scrittura, che mi corteggiava e io corteggiavo da una vita, doveva diventare una pratica quotidiana, perchè mi faceva star bene, mi rallegrava, mi consolava, mi faceva capire cose di me che altrimenti non avrei mai capito, mi faceva insomma da maestra. L’epoca delle lettere era ormai finita da un pezzo e la mia grafomania doveva indirizzarsi verso altre forme. E quindi filastrocche, haiku, esercizi di scrittura quasi automatica, racconti di viaggio, microracconti ironici, DUE romanzi! E un romanzo collettivo, secondo il metodo SIC (Scrittura industriale Collettiva). Dimenticavo, ho pubblicato un libro di fiabe e la mia prima raccolta di poesie! Ma non voglio spaventarvi. Vi prometto che saprò contenermi. Gli interventi su questo blog non supereranno la lunghezza di un foglio A4, salvo qualche regalino che vi farò, allegando qualche poesia o racconto, e che leggerete solo se ne avrete voglia. E io le promesse le mantengo. Ah, volevo dirvi che mi cimenterò anche come fotografa e condividerò con voi solo foto scattate da me, piccole poesie visive.
Dal 2002, anno in cui ho pubblicato il mio primo racconto (una lettera!) ho deciso che la scrittura, che mi corteggiava e io corteggiavo da una vita, doveva diventare una pratica quotidiana, perchè mi faceva star bene, mi rallegrava, mi consolava, mi faceva capire cose di me che altrimenti non avrei mai capito, mi faceva insomma da maestra. L’epoca delle lettere era ormai finita da un pezzo e la mia grafomania doveva indirizzarsi verso altre forme. E quindi filastrocche, haiku, esercizi di scrittura quasi automatica, racconti di viaggio, microracconti ironici, DUE romanzi! E un romanzo collettivo, secondo il metodo SIC (Scrittura industriale Collettiva). Dimenticavo, ho pubblicato un libro di fiabe e la mia prima raccolta di poesie! Ma non voglio spaventarvi. Vi prometto che saprò contenermi. Gli interventi su questo blog non supereranno la lunghezza di un foglio A4, salvo qualche regalino che vi farò, allegando qualche poesia o racconto, e che leggerete solo se ne avrete voglia. E io le promesse le mantengo. Ah, volevo dirvi che mi cimenterò anche come fotografa e condividerò con voi solo foto scattate da me, piccole poesie visive.
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