lunedì 31 agosto 2015

DONNE MIE (Frida, Emily, Alda)



Frida Kahlo


Quella foto
Di te col cerbiatto
Gonna fiorata
Ghirlanda a trattenere i capelli
Sigaretta
Casacca di tela a ricami
Anelli e bracciali d’argento
Accovacciata
Sullo sfondo una casa
Quello sguardo che sfida
E ti rende sempre più viva
Come a dire
Guardatemi
Non muoio
Io resterò
Ogni tua foto è così
Istantanee a catturarti la vita
A sminuzzarla in coriandoli
Per perpetuare la festa
Di te dono grande
Impavida e bella
Donna fragile e forte
Dal cuore che gronda
AMORE
In tutte le forme


Emily Dickinson


  Incastonata
carnosa quanto basta
a mitigare il tragico degli occhi
nella foto sbiadita
come macchia rossa

chissà se ha mai baciato
di passione
e non solo l’erba nuova
o le piume di un pettirosso
chissà se hai mai sentito il sale
dell’amore unito al dolce

verrò a visitare la tua casa
un viaggio lungo
ma nella stanza bianca
davanti alla finestra
cristallino
dei tuoi occhi
tremerò di gioia

sapere che sei stata
maestra di tramonti
laureata in temporali e arcobaleni
è una certezza che dà il fiato
di continuare a seminare
fiori semplici
dalla durata minima
di un giorno
a profumare intensi
per un’ora.


Alda Merini


Dolce la bocca piena
rossa
di parole
sorridevi
come bambina timida
che ha visitato la follia
e ne è uscita danzando
ballerina

il caos della tua casa
è muto ora
vuoto di te
che fumavi
come a respirare vorace
il gusto delle cose
tutte

adesso piangono
anche i non poeti
che hanno sentito
un contraccolpo
forte
una mancanza acre
al tuo prendere il volo

ma più leggera ora
senza affanno
tu sarai la nostra Musa
a benedirci in disparte
col sorriso

 le stavi
preparando da tempo 

le ali.



giovedì 27 agosto 2015

BUFFET




Avete presente quando siamo invitati a una cerimonia d’inaugurazione, a una mostra o semplicemente a un ricevimento di matrimonio e arriva il momento del buffet?

In pochi istanti la gente si accalca, si spintona e inizia a riempire i piatti fino all’inverosimile (pizzette, sformati, verdure gratinate, pasticci, creme, fette di salmone o di roast beef....) e alcuni, per paura che il dolce finisca, riescono a inserire in un angolo del piatto, accanto alla melanzana alla parmigiana, una fetta di torta St. Honorè. Eleganti signore con il filo di perle e il cappellino o signori di una certa età incravattati e con il completo scuro sembrano regredire alla condizione di selvaggi. Spesso fanno il bis e, con noncuranza, rifanno la fila, scusandosi con i camerieri e dicendo che è per i loro figli o nipoti. Per quell’occasione ci si dimentica di analisi sballate e di glicemia e colesterolo, è tutto gratis e non si può certo rifiutare... E il giorno dopo sono da mettere in conto una bella emicrania e dei fastidiosissimi bruciori di stomaco. Ma perché tutto questo? Avidità? Ingordigia? Maleducazione? Di tutto un po’ sicuramente, ma soprattutto incapacità di scegliere e dire “No grazie, questo non mi serve”. Il fatto che una cosa sia lì compresa nel prezzo o gratuita, a nostra disposizione, ci rende il compito più gravoso.

Ma a pensarci bene la stessa cosa ci accade in molti altri ambiti della vita. Abbiamo una sovrabbondanza di tutto: stimoli sensoriali, contatti, frequentazioni, oggetti, relazioni virtuali... E di spazio ne rimane poco. E anche di tempo. Per dire, magari con un sorriso la fatidica frase “No grazie, questo non mi serve” Ci è diventato difficile scegliere. Fare acquisti diventa un’impresa, i supermercati sono la fiera dell’abbondanza e dello spreco. Entriamo con l’intenzione di comprare quattro cose e usciamo con il carrello pieno. “Mi serviva” ci consoliamo con questo pensiero, ma in fondo sappiamo che non è vero. E quante volte andiamo a feste o cene in cui non ci sentiamo a nostro agio, o frequentiamo persone con le quali sentiamo di non avere molto in comune, o accendiamo la televisione, così, per inerzia, senza essere interessati a quello che vediamo?  Il tempo è prezioso. Come è preziosa la nostra mente che dovremmo cercare di nutrire, non come davanti a un buffet, alla rinfusa, di pensieri inutili, preoccupazioni, ansie, ossessioni. Dimenticandoci completamente del momento presente e del fatto che possiamo SCEGLIERE, oggetti, persone, pensieri, parole, azioni. Non siamo preda di un incantesimo che ci ha privato del libero arbitrio. Siamo preda invece di un’illusione che ci fa credere che solo avendo di più, comprando di più, parlando di più, pensando di più, saremo integri e completi. Ma noi integri e completi lo siamo già, senza il bisogno di abbuffarci, di tutto e di più. Proprio come a un buffet. Per rimanere nella metafora del cibo, proviamo a nutrirci di cibi salutari e nutriamo la nostra mente di pensieri salutari, scegliamo situazioni e frequentazioni che ci facciano star bene, in cui ci sia uno scambio affettivo salutare, coltiviamo la calma e, quando possiamo, il silenzio, per fare spazio e dare un po’ di riposo alla nostra vita, così confusa, così agitata, che ci chiede solo po’di tregua, un po’ di pace. Possiamo provarci? Basta iniziare.
Sarà più facile di quello che pensiamo.

mercoledì 12 agosto 2015

TRE POESIE







 I

 Sempre
mi sono sentita straniera
Mi avevano detto che l’albero
Si era seccato
Ma un vecchio cugino
Di secondo grado
Dagli occhi a stella
Che ridono volentieri
Mi racconta dei nostri avi
Suo nonno
Il mio bisnonno
È nato nell’ottocentosessanta
Un anno prima dell’Unità 
Dieci anni prima della breccia
E dei bersaglieri
Il mio trisavolo si chiamava
Gisto
Ha avuto due mogli
E un numero infinito di figli
Faceva l’orefice
Gli altri
Chi costruiva palazzi
e fontane
Chi faceva l’infermiere
Chi coltivava le vigne
Nessun nobile
In quel ramo
Molti hanno abitato
Su nella parte vecchia
Io li cercavo
Guardavo cancelli e portoni
Contavo i ciottoli
Accarezzavo la pietra dei leoni
Ho scelto la casa più in alto
Con tante finestre
Mi avevano detto che l’albero
Si era seccato
Ma non era vero
Ha radici contorte
Che hanno scavato la terra
E rami nodosi
Che guardano il cielo



 II
 Amiche sorelle
di spazio e di tempo
di vento
che spettina appena
pensieri e capelli
ancora vi cerco fra gonne
e scialli intrecciati d’azzurro
ricordo gli zoccoli duri
di asfalto e di sasso
a segnare sentieri
di baci e rimpianti colore del vino
e a riempire valige
da disfare domani
è dolce l’odore di voi che rimane
appena speziato di sole e di sale
io sono la stessa soltanto più stanca
appena quel poco per dire un po’ basta
grazie del dolce che siete
amiche sorelle di viaggi e scrittura
grazie dei doni fruttati
nei cesti di aria e di trina
a farmi sentire bambina
incolpevole a volte di tanta allegria.




  III
Una signora grossa
dallo sguardo buono
la pratica è noiosa
si è intoppata
io l’aiuto a districare i fili
chiedo consiglio
telefono 
risolvo
 lei mi è grata
io mi schermisco
ho fatto poco
dico
sono felice per lei
ci stringiamo la mano
quasi vorrei abbracciarla
 entra una ragazza timida
e bionda
sembra una madonna
si è dimenticata la fotografia
va’ le dico ti aspetto
lo stesso sorriso riconoscente
ho il potere
dietro questa scrivania
di addolcire con un niente.

 










domenica 9 agosto 2015

ANCHE NOI SIAMO STATI MIGRANTI

Un giorno, curiosando su internet, ho scoperto che una mia omonima, negli anni '20 si è imbarcata su una nave per andare a cercare fortuna in America. L'ho immaginata in quel viaggio lungo e faticoso, ho immaginato i suoi sogni, il suo desiderio di una vita migliore. E ho scritto questa poesia. Anche noi siamo stati migranti.




Ellis Island


Sollievo

sei vissuta abbastanza

non sei morta di stenti

il tuo nome

che è anche il mio

ti ha portato fortuna

ti vedo lì sulla nave

affacciata sul mare

a respirare rapita

mentre dormivano

uomini e donne divisi

i ricci scomposti

e le mani

a tastare la notte



forse avevi un bambino

o eri incinta del primo

ti immagino chiara di pelle

vent’anni

i capelli increspati di miele

secche le labbra

di sale

e gli occhi di verde screziato

appena arrossati dal vento



la gonna la tieni

per non inciampare

è la stessa che lavi di sera

e stendi sulle ruvide corde

dello scorrimano

che porta giù in terza classe

odore di vomito e orina

e frutta matura e cipolle

il cibo dei poveri

che non serve a saziare



vapore di corpi e di aria rafferma



la statua l’hai vista per prima

all’alba di un giorno di aprile

non hai gridato

le braccia sul petto

in silenzio

hai ringraziato  la Vergine madre

hai raccolto i capelli

unendoti all’urlo dei tanti

America

terra

il futuro ci aspetta

è finita miseria



non sapevi

sorella

quanti bocconi

avresti ingoiato

fino a dimenticare il dialetto

imbastito di nuove parole

con filo salato di nostalgia



sei tornata negli anni sessanta

alla tua isola asciutta

di sabbia che abbaglia

a benedire le tombe dei vecchi

avevi un vestito elegante

 i capelli intrecciati di grigio

e una rosa di seta sul petto

dall’aereo atterrando al ritorno

hai visto la statua

così piccola adesso e più opaca



le mancava la luce

del tuo sguardo giovane

di arresa fiducia.






lunedì 3 agosto 2015

TRE POESIE




I

Scolpivi con fervore le dune
assorta rannicchiata intenta
con broncio curioso di scoperta
e mani pasticciate di gelato
muta ai pensieri attenta
al profumo lieve di zagara
e al ronzio di vespe e calabroni
nel tepore di sabbia come cipria
sul paffuto dei piedi
che dimenavi in musica
solo tua contenta
come se regali in eterno Natale
dovessero arrivare
di specchio luminoso
latta o caramella
preziosi semplici per onorare
la tua piccola presenza
e il mare fosse pagato
per cantarti assoli
e concerti di allegria
in clavicembali di vento
e timpani leggeri
da  parte di un re
dal cappello di nembi e tramonti
con la faccia di sole e di incanto.





II

In quel lasso di tempo
breve
molto breve
fra la donna
e l’anziana
con tratti da ragazza
s’affaccia lo sgomento.

Lasciare che i capelli imbianchino
in onde morbide
da signora
filo di perle
sorriso mite
e scarpe basse

o tingersi di rosso
sprizzando quel fuoco
che covava
nel ventre del vulcano
nuotare nuda in baie di cristallo
rompere i piatti
in una vecchia taverna
e ammiccare alla luna
pensando al prossimo viaggio
con valige leggere
e abiti di seta

preferisco la seconda
scelta
mi rasserena
e non mi inquietano
gli sguardi ironici
o le piccole grette invidie
di chi non capisce
e ha il cuore rattrappito

il tempo mi chiede di onorarlo
e io non posso
sarebbe veramente un sacrilegio
rifiutare il suo invito
al ballo delle debuttanti.









III

Poco a poco il dolore si fa fiacco
è stanco di soffrire
chiede una tregua
e io lo rassicuro
riposati gli dico
dicono un anno
duri il lutto
due equinozi
e due solstizi
Pasqua
Natale
e Capodanno
dopo
ci saranno compleanni
nascite e regali
e le rondini staranno per tornare

Non mi dimenticare
hai scandito all’improvviso
Come potrei
ti ho detto
con un sorriso finto
ingoiando lacrime e saliva
ma ti è bastato
e il tuo sospiro è stato di sollievo
come a levarti un peso.