lunedì 23 luglio 2018

LETTERE E CASSETTI (in una domenica afosa)




Giornata pigra, lenta. Domenica. Afa. Al mare senza andare al mare. Ma lo posso vedere dalla finestra e oggi può bastarmi. Come al solito la domenica mattina, quando non ho niente da fare, mi prende quel tuffo di vuoto che sempre un po' mi disorienta. Ma so come placarlo, so che passa. Si tratta solo di aspettare.Tante cose da fare. La casa reclama. Non ci sono mai e si vede. Ogni stanza pretenderebbe la precedenza. E io non so decidermi. Cammino lentamente per il lungo corridoio,l'antico camminamento. Le tre finestre hanno i vetri da lavare. Ma non è quello che attira la mia attenzione, non è quello. L'istinto è di tornarmene in cucina, ma questa volta mi fermo e guardo quello che c'è da guardare: la cassapanca scura con le poche cose rimaste di mia madre e i due comodini. É un lavoro che devo fare. Adesso, subito. E preferisco farlo da sola, senza chiedere aiuto. Questa cosa un po' mi spaventa ma la voglio affrontare. So che dopo sarò più leggera. So anche che restare attaccati agli oggetti delle persone che non ci sono più non fa altro che tenerci prigionieri. Prigionieri e tristi. Di vestiti non ne sono rimasti molti, avevo fatto già un bel lavoro, e chissà perché adesso queste gonne, queste maglie, queste sciarpe, svuotate di lei, sono cose, solo cose, persino il suo odore è svanito, è rimasto solo un sentore di muffa (la sua casa era umida, molto umida, lei si lamentava sempre per il dolore alle ossa, ma io non le volevo credere per non sentirmi in colpa…). Missione compiuta, metto tutto in un vecchio trolley, lo porterò alla Caritas, presto, molto presto. Pulisco la cassapanca con lo spray per il legno. Ora profuma. La dipingerò di grigio polvere o celeste acqua, dentro metterò le coperte di lana e i piumoni. E ora passo ai comodini. Lavoro più delicato. Butto le ricevute dell'affitto e tutte le analisi mediche. Via. Tengo i libretti di lavoro. Prima data: 1945. Torino, la guerra è appena finita, lei ha sedici anni ed è felice di aver trovato il suo primo lavoro di stenodattilografa.La immagino: capelli corti, arricciati con il ferro, scarpe con la para di sughero e calzini bianchi. Ecco il passaporto: un unico timbro, agosto 1982, Perù, la nascita di mia figlia.Mia madre è' venuta a Cuzco per il parto e io l'ho aspettata, volevo che mi vedesse con il pancione, e ce l'ho fatta, per poche ore.Trovo una pagina che descrive quel viaggio, un breve racconto che aveva mandato a una rivista. Bello.Mia madre scriveva molto bene.

E lettere, tante lettere. Quelle della sua grande amica Simonetta e degli altri amici di Firenze. Gli anni di Firenze, per lei gli anni più belli. Il lavoro, le uscite il sabato per andare a ballare il liscio, il cinema… Le lettere mie da Parigi e dall'America Latina sono già da tempo conservate in una scatola di cartone, insieme alle sue. In una piccola scatola con il coperchio argentato trovo le lettere dal Costa Rica di Paquito, il suo unico amore dopo la morte di mio padre. Lettere dolci, intense. Di lettere così adesso non se ne scrivono più, peccato. E una lunga lettera a mio padre. Non riesco a capire se l'abbia mai spedita. E' del '60. Una lettera molto triste. Era un periodo in cui litigavano spesso e lei aveva scoperto un suo tradimento. Ma lei lo ha amato fino alla fine, di un amore totale, dal quale a volte io mi sono sentita esclusa. Nella lettera parla anche di me. Mi chiama Elviruccia. Mi prende un'ondata di dolcezza. Ma sento anche la sua sofferenza, ricordo quanto fossi contagiata da tutta quella tristezza e come cercassi di fare il pagliaccio per farla sorridere, senza riuscirci quasi mai. Avevo solo 8 anni. Su fogli di carta sottile sottile trovo le poesie di mio nonno, con quella bella grafia che si imparava a scuola nei primi anni del '900, elegante, armoniosa, la bella scrittura.
E qualche foto sfuggita all'album grande di famiglia. Foto di mia madre che sorride a Paquito nella casa di Firenze, giovane, ha solo 46 anni, adesso mi sembra giovane...allora no. E poi le agende degli ultimi anni dove lei annotava le sue giornate, nei minimi particolari, fino al 2012, poi ha smesso all'improvviso. Pagine molto tristi. Di solitudine, ansia depressione. Ho come risentito la sua voce. E ho provato un insieme di sensazioni: tristezza, certamente, ma anche empatia, tenerezza, condivisione, amore, senso di colpa, amore, ancora amore, quello che non diminuisce ma cresce di giorno in giorno, anche se non c'è più la forma, quella alla quale ci attacchiamo spasmodicamente. Ma rimane, distillata, l'essenza, preziosa, eterna. E questo mi basta. Ora mi sento più tranquilla, ho sistemato lettere, foto e documenti in una scatola. Sono al sicuro, protette. La storia di mia madre. Una storia bella. Di gioie e dolori. E tanto tanto amore. Dipingerò anche i comodini, di un colore chiaro. Che faccia allegria.



lunedì 2 luglio 2018

SI' VIAGGIARE (2)


A Essaouira, a camminare sui bastioni, al vento, con una veste bianca, e ad Amherst nella 
casa di Emily Dickinson ad accarezzare la sua scrivania, e poi a Lisbona nell' Alfama
a mangiare sardine e pasticcini al cocco, e ancora a perdermi con lo sguardo sul Gran Canyon, stordita da tanta vastità e bellezza, e a Ellis Island, a baciare la terra dei miei antenati migranti, poi tornati, con qualche parola nuova strascicata in bocca, e a Itaca di nuovo in quella piccola chiesa, e ad Amsterdam a vedere la stanza di Etty e a camminare lungo il fiume, cercando di cogliere la bellezza che lei coglieva con il suo sguardo, e poi a Port Angeles nella casa di vetro di Raymond, mio maestro e amico, dove lui ha chiuso gli occhi dopo dieci anni dieci di felicità perfetta e la certezza di essere stato amato, e nella casa museo di Georgia,dalla lunga vita, in quel
deserto di luce, a vedere i suoi fiori, sì, potrebbe bastare, ma forse no, non ancora, ecco il giardino di Virginia e quel fiume dove ha camminato con i sassolini in tasca, la tomba di Marguerite, solo per ringraziarla, la tomba di Chagall l'ho già visitata, in un giornata di sole a Saint Paul de Vence, tenerezza pura, così spoglia. Adesso sì, potrebbe bastare. E isole, isole, mare e spazio intorno, a tutto tondo, Mi sto preparando, sto preparando le ali. Troppi anni, troppi, senza questa magia. Il viaggio deve essere lento, il viaggio deve durare.

E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E che cos'è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra. 

(Ultimo frammento, di Raymond Carver)