La gioia di scrivere e ricevere lettere....
Dall'Epistolario "Il viaggio è stato bello" finalista al Premio Pieve 2007 dell'Archivio dei Diari di Pieve S. Stefano.
Dall'Epistolario "Il viaggio è stato bello" finalista al Premio Pieve 2007 dell'Archivio dei Diari di Pieve S. Stefano.
S.Josè, Costa Rica, 4 settembre 1981
Cara mamma,
eccoci qui in
Costa Rica. Siamo arrivati da 8 giorni e già ci siamo sistemati per bene. Ma
andiamo per gradi perché ho veramente tante cose da raccontarti e non voglio
fare confusione. L’ultima lettera te l’ho scritta dall’isola in Honduras e te
l’ho spedita da Tegucigalpa. L’hai ricevuta? Stando sull’isola non potevamo
capire il vero spirito dell’Honduras, perché come ti ho detto è abitata da
inglesi discendenti dei corsari, ed era quindi un’isola nel vero senso della
parola. Invece a Tegucigalpa, dove siamo restati 4 giorni, siamo rimasti
scioccati dalla miseria nera della gente, dal numero impressionante di persone,
bambini compresi, che dormono sui marciapiedi, dalle centinaia di storpi,
paralitici, ciechi, persone deformi, che vanno in giro a chiedere l’elemosina.
Pensa l’Honduras ha un reddito medio pro-capite annuo di 100 dollari. Quindi
puoi immaginare come vivono. Ma no, non si può immaginare se non si vede. Un
po’ come Calcutta o Bombay, ma senza quella spiritualità, solo dolore. Al
mercato, appollaiati su enormi bidoni della spazzatura, ho visto due avvoltoi,
quelli con una specie di collare rosso alla base del collo. Orribili E tanti
bambini rovistare fra la spazzatura,
nudi. Eppure sarebbe una terra ricca e fertile. Ci sono distese e distese di
piantagioni (banane, ananas, caffè) ma tutto è nelle mani della Standard Fruit
Company, che è una compagnia americana. Dormivamo in un albergo che era un mezzo
casino, nel senso di bordello, e una notte abbiamo sentito (c’era solo una
parete di compensato come divisorio) un uomo che faceva l’amore (si fa per
dire!) con una prostituta bambina e la riempiva di botte e di cinghiate.
Terribile.
Siamo partiti
per il Nicaragua. Non ti dico che controlli alla frontiera. Tre ore. Ci hanno
chiesto di fargli vedere i dollari che avevamo, se no non ci lasciavano
passare. Siamo rimasti due giorni a Managua. La città, fra il terremoto del ’72
e i mitragliamenti di Somoza, quasi non esiste più, solo grandi distese d’erba,
qualche palazzo semi-diroccato e qua e là le case che sono rimaste in piedi (è
rimasta intatta in Plaza Sandino solo una vasca di pietra con dei piccoli
coccodrilli ). Ma lavorano tutti come formiche per ricostruirla e c’è nell’aria
una bellissima atmosfera di partecipazione ed entusiasmo. Per pochissimi soldi
siamo andati a mangiare nel ristorante dell’hotel più di lusso della città, che
ha la forma di una piramide, e ci siamo
letteralmente abbuffati. C’era il buffet (!!) e potevamo servirci quante volte
volevamo. Mi sono comprata un libro bellissimo sul ruolo della donna nella
rivoluzione sandinista. Si chiama “ Todas estamos despiertas “ (Siamo tutte
sveglie), è di Margareth Randall, prova a cercarlo da Feltrinelli.
Da Managua
abbiamo poi preso un comodissimo pullman con toilette e aria condizionata per
S.Josè. Siamo arrivati di mattina presto. E’ una città molto bella, piuttosto
all’europea, con bei negozi e ristoranti, la gente vestita bene. Si respira aria
di benessere, non come lo intendiamo noi, ma è pur sempre benessere rispetto
agli altri paesi dell’America Latina e tutti sono gentili. La gente è
orgogliosa di vivere in un paese che è come un’oasi di pace nel centro
dell’America Latina. C’è una grossa crisi economica e i prezzi, dicono, sono
saliti molto, ma per noi sono sempre bassissimi. Si mangia al ristorante con
1500 lire e si può dormire in albergo con altrettanto.
Il giorno dopo il nostro arrivo siamo venuti
all’Università (ora ti scrivo da lì) a cercare Paquito all’Istituto di Filologia. Quasi non mi riconosceva, figurati! Lui è sempre uguale, non è
invecchiato per niente, è solo un pochino più magro. Ha detto che non ci poteva
portare a casa sua perché il figlio sui è appena sposato e vive lì con la
moglie.
Ci ha portato a casa di Dona Carmen, una sua
amica e collega “profesora” di storia, che ci ha detto che potevamo stare da
lei. Ci ha dato il suo studio, una bella stanza
piena di sole, con un terrazzino, un po’ isolata dal resto della casa, e
ci troviamo benissimo.Lei vive lì con una figlia adottiva, una nipote, due cani
e un pappagallo parlante (davvero!) e tre galline. In casa non c’è quasi mai e
noi ci troviamo veramente a nostro agio. E’ molto gentile e premurosa, un po’
chiacchierona e religiosissima. E’ rimasta un po’ scandalizzata nel sapere che
io e Alberto non siamo sposati, ma poi si è abituata all’idea, forse perché noi
gliel’abbiamo detto con molta naturalezza e tranquillità. Abbiamo anche
conosciuto dona China e 6 dei suoi 10 figli. Ne ha uno di 4 anni, ma è vedova
da molto di più (!!). Abbiamo mangiato lì domenica. Paquito ci ha detto che se
vogliamo possiamo andare lì tutti i giorni, ma noi non vogliamo disturbare. E’
una famiglia molto simpatica e lei è una donna dolce ed energica nello stesso
tempo.
Paquito veniamo
a trovarlo qui all’università e mangiamo alla mensa. Qui gli studenti sono
molto diversi da quelli italiani: tutti perbenino, le ragazze vestite
all’ultima moda (la loro!) con i tacchi a spillo. La politica qui è tabù e mi
sembrano tutti abbastanza superficiali. Comunque l’ambiente è allegro,
l’università bellissima e piena di verde, dopo pranzo ci sdraiamo sempre sul
prato. Paquito mi ha detto che non andrà in Italia a causa dell’inflazione. Mi ha domandato molto di te e gli piacerebbe
tanto che tu venissi qui a trovarci. Gli ho detto che non è molto probabile, ma
che non si può mai dire.
Continuo a
scriverti da casa, dopo aver mangiato in un self-service vicino all’università.
Oggi abbiamo venduto per 240 colones (circa 13000 lire) che qui sono
tantissimi. Fra poco andiamo in centro alla posta(chissà se ci sarà la tua
lettera) e a ritirare delle foto che abbiamo fatto in Guatemala. Se sono pronte
te ne mando una che ho fatto nel giardino di un albergo, C’era uno scimmiotto
che si era innamorato di me, mi era salito sulle spalle, mi abbracciava
forte forte e mi dava i bacini con lo
scrocchio, Alberto è riuscito a fotografarci. Dai negativi ho visto che ci sono
5 0 6 foto bellissime! Mi hai mandato i costumi?E il materiale della mostra di Alberto e i miei certificati?
E le mie favole? Pensa che combinazione, c’è proprio un concorso di letteratura
per bambini, scade il 15 ottobre e io vorrei partecipare con due o tre favole.
Alberto farà le traduzioni e le illustrazioni. I vincitori firmeranno un
contratto con una casa editrice che pubblicherà i racconti. Bé, io ci provo. Stasera
siamo invitati a cena da un’altra nipote di dona Carmen. E’ il compleanno di
Alberto, 26 anni!
Tu come stai?
Ora che stiamo qui potrò ricevere regolarmente le tue lettere, mi raccomando,
scrivimele lunghe lunghe. Scrivimi sempre alla POSTA RESTANTE, perché qui non
usano gli indirizzi (!!)ma i punti cardinali, poi ti spiego meglio. C’è un
clima strano: fino all’una c’è il sole e si sta bene, poi comincia a piovere.
Durerà così fino a dicembre. Poi comincerà la stagione secca. In Italia è quasi
autunno. Abbiamo riso io e Paquito parlando della tua caldaia vecchia che fa i
botti!
Ora ti lascio.
Ti ho scritto una lettera fiume. Spero nel frattempo di ricevere tue notizie.Un
bacione grosso grosso. Elvirù