La poesia ha bisogno di amici.
L’amicizia è il nutrimento che la fa fiorire. Altrimenti resterebbe una terra
secca e sterile che produce fiori e frutti senza forza, destinati
subito ad appassire, a marcire.
Per anni ho scritto poesie in
solitudine. Le leggevo e rileggevo, senza trovare il coraggio di condividerle e
di espormi, anche ad eventuali critiche. E le mie poesie restavano lì, in fogli
accatastati, come foglie secche, senza linfa. Un campionario di cose morte.
Poi, proprio 10 anni fa Lena, la
mia amica svedese, mi ha proposto di
leggere le mie poesie a un gruppo di amiche che facevano parte della FIDAPA.
Una cosa semplice, mi aveva promesso, senza nessuna cerimonia. Avevo preparato
alcune poesie, poche, e le avevo messe in una cartellina, accanto a qualche
racconto autobiografico. Quella sera, ricordo, ero appena uscita dal lavoro e
non avevo avuto il tempo di cambiarmi. Indossavo un paio di jeans e una maglia.
Ed ero, come al solito spettinata. Ho trovato, nella sala ricevimenti di un
noto ristorante sul mare, una folla di persone eleganti che mi stava aspettando,
e un ricco buffet. Io non avevo mai parlato a un pubblico così vasto e tanto
meno letto le mie poesie. Ero quasi paralizzata. E anche un po’ arrabbiata con
la mia amica, che mi aveva teso quel trabocchetto, a fin di bene. Mi aveva
stanata. Mi aveva costretta a rivelarmi, a tirare fuori la voce, a espormi. E
continuava a sorridermi e a dirmi vedrai, andrà tutto bene. Ed è avvenuto un piccolo miracolo. Ho
iniziato a leggere le mie poesie. E poi i racconti. Mai avevo sentito nella mia
vita un silenzio e un’attenzione così
densi, così vibranti, così intensi. Avevo chiesto di non applaudire fra una
poesia e l’altra, per non rompere quell’incanto. E mentre leggevo, mi sentivo
quasi fuori dal corpo. Emozionata ma presente, emozionata ma anche temeraria,
emozionata ma anche curiosa. Sarei riuscita ad arrivare al cuore di tutte
quelle persone venute lì apposta per sentire le poesie di una sconosciuta, che ancora
nessuno osava definire una poetessa? Gli applausi alla fine, le strette di mano, gli
occhi lucidi, i ringraziamenti, la commozione che si sentiva, palpabile, sono
stati la risposta. E grazie a Lena, che mi aveva presa per mano, e mi aveva
tranquillizzata con il suo sguardo azzurro e benevolo, da quel giorno non mi
sono più fermata. Tre anni dopo ho pubblicato il mio primo libro di poesie
“Ofelia non c’è più”.
E a sostenermi, incoraggiarmi e presentarmi, nell’Aula
Magna del Liceo, gremita di gente, soprattutto giovani, questa volta c’era un
amico, Armando Cittarelli, anche lui Poeta. Che con le sue domande, a volte
provocatorie, ma sempre tese a capire, ad approfondire, mi ha costretta ad
andare ancora più in profondità e a svelarmi. Perchè questo fa la poesia, ci
svela agli altri e a noi stessi, riesce in anticipo a cogliere emozioni,
suggestioni, rivelazioni, che una volta portate alla luce, ci cambiano per
sempre, rendendoci più autentici e più forti. E nel corso degli anni io e
Armando ci siamo incontrati, abbiamo parlato di poesia, ci siamo scambiati i
nostri versi, ci siamo incoraggiati vicendevolmente, sentendoci forse meno
soli. E a chi avrei potuto chiedere di scrivere la prefazione del mio nuovo
libro “La memoria dell’acqua” se non a lui? A lui e a
un altro amico Poeta,
Vincenzo Loriga, novantasettenne pieno di vita e di creatività, che ogni
tanto vado a trovare a Roma nella casa sui tetti dove vive con
la sua compagna Paola Mazzetti e la sua gemella Lorenza.Una casa di giovani
artisti, senza età. Perché questo fa l’arte. Ci mantiene giovani, vibranti,
curiosi, appassionati e un po’ incoscienti forse. Senza troppa paura del tempo
che passa.
E quindi il mio nuovo libro ha due prefazioni, di due poeti che amo e che generosamente mi hanno sostenuta.
E quindi il mio nuovo libro ha due prefazioni, di due poeti che amo e che generosamente mi hanno sostenuta.
Ma non posso certo dimenticare
gli autori delle illustrazioni delle copertine dei miei libri. Anche loro
miei amici: Il pittore Giuseppe Modica con “La stanza del marinaio” che tanto bene
rappresenta la malìa del viaggio, dentro e fuori di sé. E la pittrice Germana
Galdi con “Chili y chocolate” a ricordare il dolce-piccante, a volte amaro,
dell’avventura e della vita.
Un ringraziamento va anche
alle amiche e agli amici, che mi hanno ascoltata leggere i miei versi a cene,
compleanni e presentazioni. E a Annamaria e Marco, Marta, Maria Nella e Anna che mi hanno presentata in alcune occasioni. Ringrazio tutti per l'attenzione, la pazienza, la partecipazione, l'affetto.
E ringrazio la comunità di
scrittori di LIBERODISCRIVERE che attraverso un proficuo laboratorio di
scrittura mi ha spronata a scrivere, a confrontarmi, a leggere ed ascoltare altre
voci. Grazie ad Anna Fabiano, a Silvia, a Maria, a Iole, a Pierpaolo che, come un fratello, mi ha
accolta nella sua Sardegna e ha scritto la prefazione
al mio primo libro di poesie. E grazie a quegli anni così fertili e così
generosi.
E infine ringrazio mia figlia
Olivia perchè la poesia è sempre stata un potente strumento di comunicazione e
di vicinanza fra noi. E io mi commuovo nel vederla ogni volta commuoversi. E la
ringrazio perchè il mio amore per lei e la nostra piccola famiglia hanno ispirato molte delle mie poesie.
Ma se vado a ritroso non posso
non ringraziare chi non c’è più: mio nonno Aldo che ha sempre scritto poesie, e
me le regalava mettendomele sotto il piatto; mio padre che leggeva ai suoi
amici le mie prime poesie e filastrocche, orgoglioso come solo un padre può
esserlo; mia madre che amava la musica e mi ha fatto amare la lettura. E io mi
incantavo al suono della sua voce.
La voce di mia madre per me era Poesia.