I
Mi sono persa gli occhi
ho usato gli altri sensi
soprattutto l’anima che sale
sulle infinite rampe
a genuflettere i tramonti
e ho ascoltato brusii
fra le paludi
di vita che gracida e sussurra
e campane di molte chiese
bianche
carezze poche
ruvide di carta
in fogli accatastati
fra le righe
ho annusato dolore
in rancida alchimia
di chimica stravolta
ma anche viole del pensiero
e molte rose
quelle sfatte nell’orto
di un convento
rosso sacrocuore
ho succhiato pistilli
dolci come il miele
e masticato fili d’erba
al ronzio di un prato
che pungeva appena
di stecchi sulla schiena
le rondini erano punti
lontani in sospensione
i gabbiani virgole argentate
le nuvole cavalli
e draghi fra i soffioni
è stata un dono forse
la miopia
a rendermi curiosa
più degli altri
e a farmi riposare
gli occhi stanchi
in pozze di poesia.
II
Svegliarsi
dopo anni
di sonno
frammentato
e giorno
confuso
con la notte
affacciarsi nuova
alla finestra
e accarezzare
gli alberi con gli occhi
fino a piegarne le cime
con un soffio
parentesi disfatta
incantesimo interrotto
la strega buia
si è dileguata
a un tocco semplice
di mano
e al suono di un mantra
di perdono
riprendere a sgranare le stagioni
in una conta soddisfatta
di giorni
che avanzano succosi
alla conquista di altri giorni
correre
flettendo sinuose le caviglie
arrendersi al giardino
e alle sue meraviglie
e al sole che riscalda
senza abbaglio
in pace
finalmente
fare le fusa
come un gatto.
III
Vorrei farmi specchio
ed eco gentile
rimandi
di luce benevola e calda
senza alludere al gelo
in agguato
aspettare
al tiepido di mani guantate
che il fiato rapprenda
e l’umido svapori
in gocce di nebbia
sulla sciarpa di lana infeltrita
e poi srotolare sorrisi
ai passanti
salutare cani e
vecchi
che camminano stanchi
facendomi carico
delle ossa loro
doloranti
in punta di spada appuntita
ma a volte il viso scolora
gli occhi intravedono ombre
e il grigio diventa tiranno
a ghignare malvagio
dura poco
poco più di un istante
diviso in montagne
soltanto un’inezia
e riprendersi dopo
e’ un tic di ciglia
sbattute due volte
il segnale
che riprende la festa.
IV
Mi espando
a cielo aperto
circolo polare
e deserto
oceani e paludi
io farfalla o rondine
o spora
in abiti cangianti
a piedi nudi
vuoto d’ aria in piena luce
a domare le tempeste
fitta al petto d’allegria
bramosia di tutto un po’