sabato 25 gennaio 2020

LAVORARE CON GIOIA


È più di un mese ormai che non vado in ufficio. L'ultimo giorno, dopo aver pulito la scrivania, controllato i cassetti, dato uno sguardo alle stanze spoglie che mi hanno accolto in una triste quarantena, quasi un esilio, in questo ultimo anno di lavoro, ho pianto. 
Ero rimasta qualche minuto in più per concedermi questo lusso, perché piangere è un lusso che ogni tanto ci dobbiamo concedere. Ed è iniziata la mia vita da pensionata. Non sei contenta? Mi chiedono in molti. Certo, adesso sono libera, il tempo è tutto mio, e posso dedicarmi alla mia famiglia, ai miei interessi, e fare tardi la notte guardando vecchi film.
Ma non pensavo che nei sogni, una volta chiuso questo capitolo doloroso, si sarebbe riaffacciato così prepotente il senso di ingiustizia, di frustrazione, di rimpianto. E ho sognato stanze immense in cui vagavo e mi sentivo estranea, fuori posto, con i colleghi che mi chiedevano: che ci fai tu qui? E un senso di desolazione, di inutilità di spreco a fare da colonna sonora a una scena grigia e algida, senza colori, senza vita. Ma stanotte nel mio sogno osavo di più: prendevo per le spalle uno dei presunti colpevoli di tutta questa desolazione e gli chiedevo: Perché?  Argomentando in maniera certosina tutte  le ingiustizie, gli sgarbi, la trascuratezza, la mancata empatia, il vuoto, la solitudine di questi ultimi 10 anni. Perché per fortuna di anni buoni ce ne sono stati. Ma lui non mi rispondeva, biascicava qualche scusa banale, arrampicandosi sugli specchi. E poi via via sono comparse altre colleghe dal volto sconosciuto, gentili, empatiche che mi dicevano : 'È successo anche a me'. Ma non è bastato ad alleggerire il groppo che mi sentivo nel petto, pesante, così pesante che per fortuna mi ha fatto svegliare. È stato un sogno, solo un sogno, spero uno degli ultimi per spurgare e mitigare gli effetti di una ingiustizia mal digerita. Un'ultima considerazione: sarebbe bello, veramente, se i dipendenti comunali potessero essere valorizzati, incentivati, riconosciuti, gratificati in base alle capacità, alle attitudini, al merito. Invece questo non accade. Per una serie di motivi. Ed è un peccato. La mia città potrebbe funzionare meglio, molto meglio se le persone fossero messe in grado di lavorare in squadra, motivate e sostenute dai loro superiori. Superiori non costretti a piegarsi alle richieste dei politici  che spesso, a parte rare eccezioni, non hanno neanche l'idea di cosa voglia dire amministrare. E non è valido, almeno per me, il proverbio 'mal comune  mezzo gaudio'. I have a dream: che si possa lavorare con gioia e soddisfazione. É un augurio che faccio ai miei ex colleghi e alla prossima Amministrazione.


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