La gratitudine è sorella della
gentilezza. Ma è una parola che a volte spaventa. Perché può evocare, erroneamente, la
sottomissione, l’inferiorità: sono grato perchè mi è stato fatto un piacere e
io adesso ho l’obbligo di “sdebitarmi”. Ci sono persone che non amano ricevere
regali. Per non dover poi ricambiare. Oppure, se andiamo più in profondità,
perchè non si sentono abbastanza degne. Chissà quali colpe credono di aver commesso,
quali dimenticanze, quali offese, per doversi in eterno privare della gioia di
ricevere! E non solo regali, magari un complimento, un sorriso, una gentilezza.
Chissà cosa ci sarà dietro, pensano, diffidenti. Che peccato. La gratitudine si
impara da bambini, soprattutto se abbiamo dei buoni esempi. Se intorno a noi
vediamo e sentiamo scorrere l’energia dell’abbondanza, in quel flusso benefico
che è il dare e il ricevere, senza secondi fini, per la semplice gioia dello
scambio, del dono. I bambini sarebbero grati per natura. Guardate
la loro
espressione quando ricevono un regalo o gli facciamo una sorpresa. Sono
l’immagine della felicità, lanciano gridolini di gioia e battono le mani. Ma a
volte, lentamente e inconsapevolmente, noi adulti instilliamo in loro il veleno
della diffidenza. Certo lo facciamo in buona fede, non vogliamo che soffrano o rimangano
delusi, ma con la nostra finta prudenza, la nostra iper-protezione, iniziamo a
renderli poco alla volta guardinghi e sospettosi. E possono perdere la gioia
della gratitudine.
Essere grati può diventare invece
un modus vivendi, senza bisogno di occasioni speciali. Se continuiamo, anche da
adulti, a coltivare la fiducia e la meraviglia, ogni piccola cosa potrà essere
motivo di gratitudine. Basterà mettersi in ascolto e osservare con sguardo
curioso e attento tutto quello che ci circonda.
E ogni filo d’ erba, ogni
nuvola, ogni goccia di pioggia, ogni persona che incontriamo, ogni passo che
facciamo, ogni giornata che viviamo, potranno diventare fonte di gratitudine. E
di entusiasmo. Senza parlare poi delle cose che diamo per scontate. Dopo una
malattia o un pericolo scampato proviamo un’infinita gratitudine. Ma quanto
dura? E se imparassimo invece a sperimentare senso di gratitudine perchè possiamo vedere, sentire,
camminare, parlare, abbracciare? Molti non possono farlo e fra di loro c’è chi
prova gratitudine per il semplice fatto di essere vivo. E quindi perchè non ci alleniamo a sentire gratitudine per il non mal di testa, il non mal di denti, la
non preoccupazione? E' un suggerimento che ci viene dal Monaco Zen vietnamita Thich Nhat Hanh Fare cioè il contrario di quello che abitualmente facciamo. Io di tanto in tanto
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